L’imposta di soggiorno, introdotta a Milano nel 2012, è dovuta dai non residenti che soggiornano nelle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere del territorio comunale e le sue entrate sono destinate a interventi nei servizi turistici e per il recupero e la manutenzione dei beni culturali e ambientali di Milano.
In pratica, l’accordo prevede che i prezzi degli alloggi reperibili su Airbnb siano già comprensivi dell’imposta di soggiorno, (3 euro a persona a notte secondo il nuovo regolamento andato in vigore da inizio 2018) e che questa venga versata direttamente alle casse comunali con cadenza trimestrale.
Il capoluogo lombardo continua a rappresentare una meta in crescita per Airbnb che dichiara circa 16.000 annunci a Milano con una crescita del 15% rispetto all’anno precedente. Negli ultimi mesi gli host Airbnb a Milano hanno ospitato 600.000 ospiti, con una crescita del 34% e una durata media del soggiorno di 3,3 notti. Sempre nell’ultimo anno, l’host tipico milanese ha condiviso la propria casa per 35 notti, con un ricavo di circa 2.000 euro.
Dal 1 marzo 2018, è dunque Airbnb a riscuotere, già al momento della prenotazione, l’imposta di soggiorno dovuta dagli host e a versarla al Comune di Milano che entra nel club delle oltre 340 amministrazioni nel mondo - di cui fanno parte anche Genova, Bologna, Firenze, Palermo e Rimini in Italia - in cui Airbnb gestisce in maniera semplificata il versamento delle imposte e ha già raccolto oltre 510 milioni di dollari.