Domanda - Roberta, possiamo definire il co-living come una nuova formula di ospitalità e quali sono le sue peculiarità?
Roberta Caruso - Si, è di fatto una nuova formula di ospitalità, che fa capo al ramo del turismo residenziale unendolo all’housing sociale. Sono sempre di più i lavoratori nomadi, i creativi, gli insegnanti che si spostano per periodi medio lunghi da una città all’altra. Il coliving è adatto a questo tipo di viaggiatori perché offre l’opportunità di risiedere in case che forniscono tutti i servizi necessari, da camere ampie e adatte alla lunga permanenza a spazi di coworking attrezzati e altre opzioni accessorie.
La grande forza del coliving però è quella di garantire a ogni viaggiatore l’opportunità di conoscere persone e professionisti per ampliare il proprio network e stringere relazioni. Fa sentire i viaggiatori meno soli durante il loro percorso. Ma non solo. Consente ai gestori delle strutture di viaggiare restando a casa. Permette loro di mettere a frutto le proprie passioni o attitudini e di fare ospitalità autentica, offrendo prima di ogni servizio la loro stessa personalità e il loro modo di essere.
Per le strutture ricettive che si trovano in aree decentrate e che soffrono della fortissima stagionalità, trasformarsi in coliving consente di lavorare tutto l’anno facendo leva su motivazioni diverse da quelle del turismo tradizionale, di prolungare i periodi di permanenza e di aumentare i ritorni periodici.
Il coliving è un’opportunità per trasformare il lavoro in ambito turistico in prima occupazione, in un territorio come quello italiano, ad esempio, in cui ancora molti operatori turistici lavorano in questo settore a periodi alterni, senza una vera strategia e senza un reddito sufficiente.
Domanda - Sei partita da un immobile del cui "peso" ti sei liberata trasformandolo in un'opportunità di lavoro e di guadagno. E' il co-living un'attività redditizia?
Roberta Caruso - Lo è. Ha trasformato un onere in un onore. La mia casa di famiglia in Calabria fa parte di quei milioni di beni immobili non sfruttati che producono per le famiglie italiane solo costi mensili. Con il coliving la nostra casa è diventata la nostra principale attività lavorativa, ma soprattutto si è trasformata in un centro di aggregazione per tanti operatori culturali, creativi, imprenditori che vivono questo spazio quotidianamente e che all’interno riescono a dare sfogo ai propri progetti.
E’ un’attività che richiede sacrificio e soprattutto capacità di adattamento alle esigenze altrui. Si condividono gli spazi, ma soprattutto le necessità, i problemi e le personalità. Ma ciò che lascia è più di un guadagno in termini economici. E’ la sensazione costante di essere parte di una community dalle sfumature più varie. È la mole di umanità che arricchisce ogni giornata.
Domanda - La formula ricettiva è regolamentata ed è possibile replicarla in altre realtà, a quali condizioni?
Roberta Caruso - Il coliving in Italia non esiste ancora sul piano normativo. È uno stile di vita prima di essere un’attività lavorativa. Ci sarà ancora molto da fare perché diventi un modello di ospitalità regolarmente riconosciuto. Ma si può attuare in diversi modi. Attraverso i contratti di affitto temporaneo, oppure diventando struttura ricettiva sul piano formale.
Noi, come società che propone la replicabilità del nostro modello Home for Creativity su case private o strutture ricettive, stiamo mettendo a punto una serie di politiche che possano facilitare la messa in opera di coliving su tutto il territorio nazionale e internazionale, in base alle normative di ogni territorio. Come ogni attività della sharing economy anche il coliving troverà a un certo punto una sua precisa collocazione sul piano legislativo e ci auguriamo di poter contribuire.