Domanda - Cosa è il turismo religioso?
Don Massimo Pavanello - La domanda è corretta, poiché il suo significato non è univoco. Anzi. L'idea stessa di “turismo religioso” è una novità abbastanza recente. In passato c'era solo il pellegrinaggio. In molti sostengono che il turismo religioso sia frutto della secolarizzazione della società. Per dirla con una battuta che rubo al gesuita Jean-P. Hernandez: “Da quando la gente non va più in chiesa, sempre più spesso va nelle chiese”.
Non è una critica, è una presa d'atto per interloquire correttamente con gli utenti. Per riallacciare un dialogo. C'è traccia di questa opportunità di riscatto, ad esempio, nel testo “Cattiva fede” di Ken Follet, il famoso scrittore gallese. Dopo un passato lontano dalla fede, egli dice che la frequentazione delle belle cattedrali - iniziata quasi solo per motivi di lavoro - lo ha reso un “ateo non praticante”. Non è ritornato credente, ma ha abbandonato l'ateismo.
Ciascuno, allora, può darne una propria definizione. Per quel che mi riguarda dico che il turismo religioso è un moderno strumento di evangelizzazione. Anche per il mondo giovanile.
Domanda - Quali sono le caratteristiche del turismo religioso oggi?
Don Massimo Pavanello - Un filone emergente - trasversale a tutte le mete - è quello relativo al Turismo Responsabile.
Una scansione tematica lo fa emergere. Il Mibact ha dichiarato il 2016 «Anno Nazionale dei Cammini», mentre il 2017 è dedicato ai «Borghi». L'Onu ha scelto il 2017 come “Anno Internazionale del Turismo Sostenibile”. Tutti argomenti omogenei.
Credo quindi che sia il filone delle Vie sacre, dei Cammini di pellegrinaggio e dei Parchi tematici (culturali/religiosi) a caratterizzare la forma principale del turismo religioso dei nostri giorni.
La riprova è data dal fatto che diverse Amministrazione pubbliche stanno investendo in questi ambiti. Ambiti che, per quanto in Italia prevalga la geografia cristiana, non sono esclusivi. Basti ricordare, ad esempio, come anche la Comunità ebraica di Lombardia abbia tracciato percorsi di conoscenza delle testimonianze ebraiche presenti e passate.
Il turista religioso - che come ogni uomo è quotidianamente parcellizzato - predilige quindi ciò che l'aiuta nella composizione di un senso. Magari visita soltanto qualche tappa. Ma apprezza che questa sia inanellata in un itinerario compiuto. Che egli possa vivere un'esperienza progettuale.
Domanda - Come è cambiata la domanda e quali sono le esigenze che le strutture di impronta religiosa possono soddisfare al meglio?
Don Massimo Pavanello - Il turista religioso, a differenza del pellegrino che vede nel sacrificio un elemento specifico del cammino, cerca qualche comodità. Non il lusso. Cerca qualcosa che non lo stacchi radicalmente dal proprio mondo. Penso, ad esempio, al wi-fi. Ma cerca pure la possibilità di incontri e di esperienze.
Cerca una struttura non anonima. Da questo punto di vista, la proprietà - in genere chiaramente riferibile a una congregazione - è una garanzia. Cerca una possibilità solidaristica. Spesso il guadagno delle strutture d'accoglienza religiosa concorre a sostenere opere di carità in Italia o nel mondo. Cerca, come dicevo all'inizio, una location nel verde. Non solo per motivi estetici.
Per usare una immagine, direi che le strutture d'accoglienza religiosa fungono, e sempre più dovrebbero esserlo, da hub. Da connettore/suggeritore di tutto ciò che di religioso insiste sul territorio.