Vi sono infatti località nel nostro paese in cui, nel periodo estivo, sono state rilevate case vacanza abusive in una percentuale del 98,5%. Questo significa che il dato rilevabile dalle sole strutture che rispettano trasparenza e regole, non è quello reale. Per chi vuole affittare ai villeggianti una casa per un periodo definito, è obbligatorio versare la tassa di soggiorno e dichiarare l’attività in toto. Altrimenti la conseguenza è che, come sta accadendo in Italia, ci siano milioni di euro persi per mancato pagamento dell’imposta e un grande potenziale perso per le nostre città.
Federalberghi ha quindi voluto questo monitoraggio che ha censito le strutture parallele che vendono camere in rete sui principali portali con focus su 33 località e mette questo elenco a disposizione delle amministrazioni nazionali e territoriali, nonché delle autorità investigative competenti, che desiderano fare luce sul fenomeno.
L'esempio eclatante è costituito dal portale Airbnb che, in una giornata di agosto 2016, poneva in vendita in Italia 222.786 strutture (erano 234 nel 2009), con una crescita esponenziale alla quale non fa seguito una significativa variazione del numero di attività ufficialmente autorizzate (le strutture extralberghiere censite dall’ISTAT erano 104.918 nel 2009, oggi sono a quota 121.984 per una differenza di oltre 100.000 unità).
Tra le città italiane maggiormente interessate dal fenomeno troviamo Roma con 23.889 alloggi, Milano con 13.200, Firenze con 6.715, Venezia con 5.166 e Napoli con 3.040.
Il Presidente Bocca sottolinea come dall'analisi delle inserzioni presenti ad agosto 2016 sul portale Airbnb, emergono "quattro grandi bugie che smascherano definitivamente la favoletta della condivisione”.
1) NON È VERO CHE SI TRATTA DI FORME INTEGRATIVE DEL REDDITO. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Oltre la metà (57,7%) degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con i casi limite di insegne di comodo quali Bettina che gestisce 366 alloggi, Daniel (293) e Simona (260).
2) NON È VERO CHE SI TRATTA DI ATTIVITÀ OCCASIONALI. La maggior parte (il 79,3%) degli annunci si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno.
3) NON È VERO CHE SI CONDIVIDE L’ESPERIENZA CON IL TITOLARE. La maggior parte degli annunci (70,2%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti in cui non abita nessuno.
4) NON È VERO CHE LE NUOVE FORMULE TENDONO A SVILUPPARSI DOVE C’È CARENZA DI OFFERTA. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.
Quindi sembra che alla fine il consumatore venga ingannato due volte in quanto viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività e del mercato.
Si pone inoltre con tutta evidenza un problema di evasione fiscale e di concorrenza sleale, che danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza.
Non è un problema solo italiano, ma negli altri Paese si sono presi dei provvedimenti in merito, a differfenza dell'Italia. Amsterdam, Barcellona, Berlino, New York, Parigi e tanti altri si sono già mossi adeguando le proprie regole e contrastare l’abusivismo e la concorrenza sleale nel settore ricettivo.
Per esempio a Barcellona, chi vuole affittare il proprio appartamento per periodi brevi deve chiedere una licenza. Ad Amsterdam le attività non professionali possono ospitare al massimo 4 persone. In ogni caso, se l’attività si svolge per più di 60 giorni nell’anno, si determina automaticamente l’obbligo di apertura della partita Iva. A New York, i contratti di locazione di durata inferiore a 30 giorni possono essere gestiti unicamente da imprese ricettive. A Berlino la violazione delle regole in materia di locazioni brevi comporta una sanzione di 100.000 euro. La norma mira a tutelare i cittadini, che stentano a trovare casa in affitto a prezzi ragionevoli. Infine a Parigi anche gli affitti brevi sono soggetti alla tassa di soggiorno.
Nel Piano strategico del turismo emerge la necessità di definire un quadro normativo e regolamentare che contrasti efficacemente il fenomeno dell’abusivismo e nei prossimi giorni in Parlamento saranno già in esame delle proposte di legge sulla sharing economy e sugli home restaurant.